Giorni come questo..

Oggi è uno di quei giorni.
Sì, di quei giorni lì, in cui mi sento triste e delusa, amareggiata ed un po incavolata, ma non ne capisco il motivo.
Ormai sono abituata a questi giorni, li ho da quando sono una ragazzina, con la differenza che col tempo l’intensità ed il senso di smarrimento si sono affievoliti.
Una volta mi prendevano totalmente alla sprovvista, mi colpivano come una folata di vento gelido sul viso quando sei appena uscita dalla porta di casa, la mattina presto, ed il tuo corpo ha ancora il teporino del letto addosso, che ovviamente d’improvviso diventa un fievole e lontano ricordo.
Ai tempi non riuscivo assolutamente ad evitarli, ne avevo i mezzi per contrastarli.
Mi limitavo a piangere, disperarmi, ed odiare il mondo.
Odiare il mondo è la strategia più facile e veloce per risolvere la maggior parte dei problemi e degli strazi esistenziali: peccato che serva a ben poco.
Quando mi capitano questi giorni il primo pensiero che mi viene per dare un senso a ciò che provo è “solitudine”.
Ma con gli anni ho scoperto che la solitudine non c’entra affatto, o per lo meno.. è solo un facile spauracchio, uno specchietto per le allodole che il mio cervello usa come scusa, tanto perché fa così “bella e dannata” e “nessuno mi capisce, sono sola e disperata”.
Che alla fine fa sempre figo, anche se sei tu da sola..che lo pensi di te stessa (soprattutto negli anni adolescenziali).
Ora come ora accetto questo primo pensiero, lo analizzo e lo metto da parte.
No, a farmi male non è la solitudine, che anzi.. con gli anni ho imparato ad amare, apprezzare..venerare quasi.
Mi sento anzi di affermare che in parte io sono solitudine, e la cosa mi va benissimo.
Me ne accorgo quando mi sento costretta a stare con altre persone. Quando ci sono dentro di me mille vocine diverse, che analizzano il contesto in cui sono e cominciano all’unisono a darmi consigli sul comportamento da adottare, e che a volte sono anche molto contrastanti tra loro “Sorridi” “No, così sembri un’ebete lobotomizzata da poco..”, “dì una cosa carina, su..” “Eh certo..così ti prendono per una leccaculo”, “Cerca di dire qualcosa di intelligente” “Sì..ma qualsiasi cosa io possa ritenere intelligente scommetto che suonerà del tutto idiota”.
E così via.
Per me è uno strazio. Ogni volta ho un mini computer nel cervello che esamina pensieri, gesti, parole e sentimenti (sì, anche quelli..) e cerca di dare in tempo reale un rapporto che sia dettagliato ed oggettivo, in modo da elaborare un comportamento “socialmente accettabile”.
Una stanchezza inenarrabile.
Da qui ne consegue che: persone nuove, contesti nuovi, occasioni più o meno sconosciute, siano per me fonte di uno stress incalcolabile e di difficile (se non impossibile), spiegazione e risoluzione.
Ed ovviamente più le persone aumentano, più la difficoltà si alza, e la stanchezza diventa insopportabile, insieme alla tensione.
Alla già complicata equazione poi si aggiunge il “valore” che do alle persone in questione. Ovviamente per persone di cui me ne frega poco (vedi certi elementi sul posto di lavoro), alla fine la tensione e la stanchezza arrivano a valori anche vicini allo zero..per persone che so essere importanti (per me o per qualcuno a cui voglio bene, come ad esempio mio marito), arrivo anche a sfiorare delle vere e proprie crisi d’ansia.
Perchè tutto questo discorso?
Perchè con gli anni e le mille crisi, litigate, errori e disastri, ho capito che il fulcro di queste giornate piene di dolore, tristezza, rabbia e senso di puro terrore (sì, c’è anche quello nel mix), è proprio il mio sentirmi del tutto inadeguata socialmente.
E non ci sono analisi, ragionamenti, sessioni di respirazione, di meditazione o di “accettazione di se” che tengano.
La soluzione a cui arrivo a fine giornata è sempre uguale “non sei capace”.
Ed è inutile girarci attorno, perché anni di delusioni, sparizioni, insulti ed illusioni ne sono la prova.

Ed intendiamoci: ritengo che la responsabilità sia, nella stragrande maggioranza dei casi, mia (sono rarissimi quelli in cui credo di avere fatto tutto il possibile ed aver semplicemente incontrato una persona a me incompatibile).
Senza nemmeno accorgermene arrivo con la mente ai tempi delle medie addirittura: e mi vengono in mente i mille errori, dettati spesso dal mio orgoglio e dalla mia inesperienza, che hanno forgiato un carattere chiuso ed una persona che, all’evidenza dei fatti, non ha nessuno strumento valido per l’analisi e la soluzione delle normali dinamiche sociali.
Con gli anni ho cercato di comprendere meglio me stessa, gli altri, le situazioni che si ripetono magari anche ciclicamente. Niente.
Mi trovo sempre a guardarmi indietro e dire “Sono una cogliona”.
Ho sbagliato quando non ho parlato con qualcuno dei miei problemi, e questa persona si è sentita inutile.
Ho sbagliato quando ho subissato una persona con i miei problemi, e questa persona si è sentita usata e strumentalizzata, non compresa.
Ho sbagliato quando ho cercato di dimostrare affetto ed amicizia ad una persona che ormai di me aveva perso ogni stima, e di queste cose ormai se ne fregava..ed ovviamente anche a fare il contrario con persone che in me, nonostante tutto, ancora ci credevano.
Mi sono arrabbiata per cose idiote, ho fatto piazzate assurde a persone che non se lo meritavano..ed ho lasciato correre cose orrende a persone a cui avrei dovuto solo dare delle sberle in piena faccia.
No, non sono capace. Non sono in grado di analizzare efficacemente situazioni, persone e soprattutto non sono in grado di decidere la cosa migliore da fare in base al contesto ed ai soggetti coinvolti.
Se agisco d’istinto sbaglio, se ci penso troppo..faccio dei casini inenarrabili.
E così si torna all’istinto primario, alla prima risposta che il mio subconscio da a questo stato di profondo malessere: la solitudine.
Perchè se mi guardo indietro vedo solo una scia di persone che hanno deciso che con me è molto meglio non avere nulla a che fare, oppure sono arrivate alla conclusione che un rapporto superficiale è la cosa migliore, dato che sono imprevedibile quanto la bronchite d’estate ed ugualmente piacevole.
Non mi sento di dar loro torto, anzi.
Vorrei chiedere scusa ad ognuno di loro. Scusatemi se vi ho deluso, insultato, stalkerato, usato, oltraggiato, ignorato.. e se non avete più voluto avermi nelle vostre vite.
Avete ragione.
E non lo dico per essere compatita o chissà che altro, ma perché è una consapevolezza maturata in molti anni, e che ormai è inutile nascondere.
Ognuno ha i suoi punti di forza e le sue debolezze.
Io onestamente ignoro i miei punti di forza, ma sono sicura che questa sia la mia più grande debolezza, ed anche se ho cercato in molti modi di affrontarla e risolverla, ormai credo che la cosa migliore sia semplicemente accettarla.

Sono sola, ma perché non sono capace di stare con gli altri.
Tutto qui.

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